L'editoriale del Parroco

È sera. Regna il silenzio in casa mia, si sente solo il rumore delle auto che passano fuori, sulla provinciale. Non ci sono altri suoni. Mi trovo qui, tra queste mura antiche della mia casa, che da secoli hanno ospitato i religiosi canonici che vivevano come noi oggi, “al di qua del fiume”. 

Penso a quanto hanno pregato tra queste mura! Guardo il crocifisso appeso alla parete e faccio passare mentalmente le persone che oggi mi hanno chiesto una preghiera. Oggi sono state davvero tante. Le porto con me nel cuore, mentre, stanco della giornata, mi abbandono a Lui, anche se faccio fatica a parlargli. Riesco solo a guardarLo.

Penso a voi, al lavoro che ogni giorno fate e che richiede impegno e fatica, e a come, tornando a casa la sera, vi tocca ricominciare un altro lavoro: la gestione della casa e della famiglia, dei bambini o dei genitori anziani. A volte la vita non è facile. Ci si sente un po’ senza energie, senza forze, e sembra di non averne abbastanza per fare tutto quello che si dovrebbe. 

Come si fa a pregare la sera, stanchi dopo una giornata di lavoro? Per chi fa l’operaio, tra il rumore delle macchine e un capo officina magari troppo esigente; o per chi fa l’impiegato, alle prese con continui cambiamenti di regole e norme, e con la fretta di dover fare tutto sempre più velocemente: quali forze rimangono per la preghiera?

Per pregare, si sa, bisognerebbe prendere il Vangelo in mano, leggerlo una, due, tre volte, con calma, cercando di meditare la Parola, di comprenderne il significato. Ma come si fa in questa vita così frenetica? Oppure occorrerebbe prendere in mano il rosario, recitarlo, un grano alla volta, con calma, pensando a ciò che si dice… ma come si fa a trovare il tempo e, una volta trovato, a non addormentarsi prima di finirlo?

Stasera penso alla preghiera della povera gente, di tanta gente che non ha la forza o le capacità di meditare o recitare lunghe preghiere. Guardo Gesù e mi rendo conto, mentre lo guardo, che Lui sa tutto, prima ancora che glielo chiediamo. Mi rendo conto che non importa come preghiamo, con quale tecnica - meditazione, lode, supplica, invocazione o altro - Lui sa cosa abbiamo nel cuore: le nostre preoccupazioni e le nostre gioie, i nostri veri bisogni.

Il silenzio di Dio è un silenzio bellissimo, perché ci permette di vivere e di amare. Nel suo silenzio percepiamo tutto il suo amore per noi, per i nostri desideri e i nostri impegni. Il suo silenzio è il passaggio dalla fatica della croce alla gioia della vita risorta. Lui capisce la preghiera della povera gente, che è spesso molto più bella e profonda di quanto si immagini.

Signore, aiutaci a pregare da poveri, come possiamo, con la fede che abbiamo, anche se poca. Con le forze che abbiamo, anche se esigue. Non sappiamo pregare bene, Signore, ma sappiamo che Tu ci ami e che noi Ti amiamo. Non serve sapere altro nella preghiera. La preghiera non è un sapere, è un dialogo tra due persone che si amano. E due persone che si amano, spesso, non si dicono nulla. Basta loro essere lì, uno accanto all’altra. 

Il vostro parroco, don Andrea