Riunione congiunta dei Consigli Pastorali e Affari Economici sulla futura gestione degli edifici

Il futuro della Chiesa, anche a livello locale, soprattutto nella gestione dei (tanti) immobili di proprietà e nel raffronto con un calo demografico sempre costante, ha caratterizzato la riunione congiunta dei Consigli Pastorali e Affari Economici della nostra Comunità pastorale per il nuovo anno liturgico, lo scorso 15 settembre. Aperto con la preghiera dell'Ave Maria, l’incontro ha visto al centro temi quali la sostenibilità a lungo termine delle strutture e delle attività parrocchiali, minacciata per l’appunto da un inesorabile declino demografico del clero e dalla necessità di manutenzioni che non possono più essere procrastinate.

Ospite della serata è stato don Paolo Boccaccia, responsabile dell’Ufficio Parrocchie della Diocesi di Milano. Il suo intervento non è stato una semplice consulenza amministrativa, ma un vero e proprio monito programmatico.


LA SITUAZIONE ATTUALE DEGLI IMMOBILI

La discussione è stata aperta da Don Andrea, che ha esposto un quadro dettagliato degli edifici della Comunità Pastorale. Questi immobili, fulcro della vita comunitaria e spesso simboli storici dei tre paesi serviti, sono stati oggetto di un’analisi approfondita e di sopralluoghi da parte del Consiglio Affari Economici. Nonostante l'importanza strategica dei progetti di riqualificazione e il tentativo di rendere partecipe l’intera comunità, le conclusioni di Don Andrea sono state chiare: nessuna decisione definitiva è stata ancora assunta.

Il problema non è solo tecnico o finanziario, ma risiede nella difficoltà di "sbilanciarsi sulla reale fattibilità dei lavori" e di assumersi la responsabilità di scelte potenzialmente impopolari. Si è creata una situazione di stallo, dove l'analisi accurata dei costi si scontra con il timore di intaccare beni percepiti come intoccabili o di turbare l'equilibrio della comunità locale. 

Don Paolo Boccaccia ha posto la questione non in termini di mera contabilità, ma di "discernimento pastorale". Lo scopo del suo intervento era duplice: fornire strumenti amministrativi e spingere a una riflessione sul futuro: “Pastoralmente ha senso la richiesta di ristrutturare?” Ogni progetto di riqualificazione, prima di essere valutato per il suo costo, deve superare il vaglio della sua utilità evangelica e della sua sostenibilità futura.

Don Paolo ha fornito un quadro preciso dei requisiti amministrativi per la gestione degli immobili. Ha chiarito che, sebbene le parrocchie godano di una certa autonomia per interventi inferiori ai 100.000 euro, per tutte le opere di importo superiore è obbligatorio presentare una regolare domanda di autorizzazione alla Curia.

Queste richieste non vengono gestite da un unico ufficio, ma seguono un processo di valutazione stratificato e rigoroso, coinvolgendo tre distinti uffici diocesani:

  1. L'Ufficio Parrocchie (gestito da don Paolo): Valuta la congruità e il senso pastorale del progetto in relazione ai bisogni attuali e futuri della comunità e del territorio.
  2. L'Ufficio tecnico/legale: Fa vagliare la proposta a consulenti esterni specializzati (ingegneri, architetti, legali) per verificarne la fattibilità tecnica, la conformità normativa e la sostenibilità economica.
  3. L'Ufficio di autorizzazione finale: dopo il doppio vaglio, concede il nulla osta per l'inizio dei lavori.

Questa procedura, apparentemente complessa, è la garanzia di una gestione oculata e responsabile.

A tal proposito, don Paolo ha offerto ai Consigli la possibilità di essere affiancati da una società esterna specializzata per un’analisi approfondita e normativa degli edifici. Lo scopo è ottenere una relazione oggettiva che permetta di prendere decisioni non emotive, ma supportate da dati legali e strutturali, un passaggio fondamentale per evitare errori costosi o, peggio, reati.

È stato infatti ricordato che gli edifici storici (spesso con più di 70 anni) sono vincolati ai beni culturali e anche una piccola modifica non autorizzata può portare a una denuncia penale imprescrittibile.

Il responsabile diocesano ha enfatizzato l'imperativo morale di affrontare i problemi strutturali senza indugio. Ha usato la potente metafora della famiglia: "Bisogna pensare alla Chiesa anche dal punto di vista 'amministrativo' come una famiglia: se il tetto crolla non posso rimandare il problema ai miei figli, ma come si comporta un buon padre di famiglia, devo affrontarlo ora". 

Questo concetto, ha ricordato, non è nuovo. Già il Cardinale Carlo Maria Martini, quasi 30 anni fa, esortava a intervenire con buon senso e lungimiranza, anche qualora le decisioni potessero sembrare impopolari. Rimandare le scelte, infatti, significa scaricare un fardello sempre più pesante sulle future generazioni di parrocchiani e sui parroci che verranno.


LA CRISI VOCAZIONALE: NUMERI E FUTURO

La ragione profonda di questa urgenza strategica risiede nei dati demografici relativi al clero, un quadro che impone una ridefinizione radicale dell'utilizzo del patrimonio immobiliare. La Diocesi di Milano è la più estesa e popolosa al mondo: conta 1.106 parrocchie, per 5,5 milioni di abitanti. I numeri relativi ai sacerdoti sono, però, in forte e preoccupante calo: vedi tabella.


La proiezione è preoccupante: a causa del calo delle vocazioni e dell'invecchiamento del clero, tra 10 anni i preti operativi si ridurranno ad appena un migliaio. 

Questo significa che un numero sempre più ristretto di sacerdoti dovrà gestire un numero crescente di parrocchie, rendendo insostenibile mantenere l'attuale assetto di strutture e servizi. L’idea di creare decanati e comunità pastorali, già implementata 10 anni fa nel territorio, era la prima risposta lungimirante a questa crisi. Oggi, però, non basta più aggregare le comunità; è indispensabile razionalizzare e concentrare gli sforzi e le risorse dove la presenza pastorale ha un impatto reale e misurabile.

Il concetto di Chiesa sinodale è stato dunque invocato non solo come metodo di confronto spirituale, ma come necessità gestionale. 

Sebbene la responsabilità legale e l'ultima parola spettino sempre al parroco, il Consiglio Affari Economici ha il di "diritto e il dovere di dire no" in caso di disaccordo o di scelte irresponsabili. L'amministrazione deve avvenire in un'ottica di famiglia, con trasparenza e serenità.

La Curia è pienamente consapevole delle difficoltà finanziarie; le due lettere inviate dal Vescovo ai Consigli degli Affari Economici testimoniano quanto le parrocchie fatichino ormai a coprire i singoli costi di gestione. Questo richiede non solo competenza, ma anche coraggio di fronte alle critiche. 

Don Paolo ha voluto sfatare un tabù: "Rinnovare o vendere degli immobili per fare reddito 'non è peccato'". Al contrario, lo spreco è peccato. Ristrutturare strutture che non verranno mai utilizzate in modo significativo rischia di far buttare via risorse preziose che potrebbero essere reinvestite in attività pastorali e caritatevoli più efficaci e necessarie per la comunità.

Un esempio lampante è stato fornito dai Battesimi: "Se per esempio nel 2024 ho avuto solo 14 battesimi a Canonica, posso immaginare che fra 9 anni avrò forse 10 bambini iscritti all’oratorio per seguire il catechismo. Questo renderebbe una struttura vuota per più giorni alla settimana".

Le scelte future, pertanto, non possono essere dettate da un attaccamento emotivo agli edifici, ma da un rigoroso discernimento pastorale basato sui numeri reali.


OLTRE I NUMERI: IL BISOGNO EDUCATIVO DELLA FAMIGLIA

La lettura del territorio non può fermarsi ai soli bilanci economici e demografici. Don Paolo ha esortato i Consigli a guardare alla vita reale della Comunità:

  • Qualità della Liturgia: Le Messe sono animate? C'è un coro o "solo due persone che cantano sempre loro"?
  • Crisi del Sacramento: Perché non si celebrano più matrimoni? Chi battezza i figli, ma non frequenta, che esperienza di Chiesa offre e desidera?
  • Ruolo dell’Oratorio: Le famiglie "abitano" l'oratorio perché è gratuito (un servizio di welfare) o perché credono nel suo valore educativo e spirituale (missione evangelica)?

La conclusione è stata un appello alla condivisione e alla trasparenza: l’intera comunità deve essere chiamata a "interrogare" i vari bisogni e a condividere i problemi della parrocchia, perché sono problemi di tutti. Se tutti sanno e capiscono la gravità e la soluzione, il percorso diventa più semplice. Non si può aspettare di non avere più preti o che siano gli eventi (come un crollo strutturale) a imporre le scelte.

Il lavoro che si prospetta, dunque, non è un freddo esercizio sociologico o finanziario, ma un lavoro cristiano di amministrazione attenta e di fede. L'affidarsi alla preghiera, ha concluso don Paolo, è l’unica garanzia per un discernimento che sia pienamente umano e spirituale.